Cellulari, tracciamento virus e privacy.
Apple e Google hanno annunciato che stanno lavorando insieme per implementare negli smartphone (sia iOS, sia Android) un sistema di tracciamento per limitare la diffusione del COVID-19.
Inizialmente, probabilmente già per Maggio, il tracciamento sarà possibile tramite l’installazione di specifiche apps. Le apps saranno disponibili sia per i singoli utenti, sia per le autorità sanitarie e comunicheranno tra di loro. In una seconda fase, il tracciamento sarà implementato direttamente nei sistemi operativi degli smartphone – previo aggiornamento degli stessi (e già m’immagino “mi raccomando! Non aggiornate il sistema operativo!”).
Che tipo di tracciamo è? Non GPS. Non localizza dove ci troviamo. Ma, attraverso il sistema BLE (Bluetooth Low Energy) ogni cellulare scambierà delle chiavi anonime con tutti i cellulari (predisposti a fare altrettanto) che si trovano nei paraggi. Le chiavi saranno scambiate ogni 5 minuti e conservate per circa 14 giorni in server centralizzati.
Quando un individuo scopre di essere positivo al COVID-19, lo segnalerà attraverso l’app, che comunica in modo anonimo lo stato di contagio all’app dell’autorità sanitaria. A questo punto, tutti i telefoni che hanno scambiato chiavi col telefono che ha segnalato una positività al COVID-19 riceveranno una notifica: ATTENZIONE: Sei stato recentemente esposto a qualcuno che è risultato positivo al COVID-19.
Inutile dire quanto questa procedura sollevi molti dubbi nell’ambito dell’etica della comunicazione. Sono le chiavi anonime? I server centralizzati sono sicuri? È davvero impossibile risalire all’identità statica del proprietario del telefono o associare le chiavi inviate dal suo telefono in caso di positività al COVID-19? La privacy è davvero tutelata come promettono Apple e Google? Daremo loro altri dati nello scambiare le chiavi? È un modo per ricostruire spostamenti, incontri, relazioni, rete di contatti?
E ancora: che cosa significa esposizione? Sono passato per 5 secondi a 5 metri da quel cellulare/individuo? O sono stato tutto il giorno a lavorare accanto a lui? Non si tratta dello stesso tipo di esposizione. E se mi trovassi vicino all’appartamento di una persona? Quella persona verrebbe inutilmente allertata, creando ansia e preoccupazione, perché in realtà non c’è stato un vero contatto.
E poi: chi non ha lo smartphone di ultima generazione? Anche questo è un digital divide con conseguenze di tipo sanitario, quindi di sicurezza pubblica. E chi ce l’ha ma non lo aggiorna?
Siamo dinnanzi ad una prima via verso l’etichettatura sociale, l’individuazione di untori, e chissà, della creazione di ghetti e lazzaretti? Ci sono conseguenze sociali per chi dovesse essere identificato tramite questo sistema di tracciamento? Verrebbe isolato? Potrebbe essere reso pubblico il suo nome? Chi garantirebbe per la sua sicurezza, dinnanzi alla necessità di garantire la sicurezza di tutti.
Sono scenari distopici, che adesso stiamo iniziando a vivere. È bene non farsi trovare impreparati.
Fondatore di Etica-mente. Ricercatore di Filosofia Morale presso l'Università di Catania. Direttore del Laboratorio di Etica e Informazione Filosofica e Chief Examiner per l'IBO. Si occupa di Etica Contemporanea, Etiche Applicate e Antropologia Filosofica.
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