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Viaggio nell’illusione. 2/2 (Mind Upload)

G. Daniels, Upload (2020)

Dopo le avventure di Kleinman e company (si veda la prima parte dell’articolo), è il momento del mind upload, a partire dalla serie tv Upload. Ivi troviamo esposto un altro tema, ossia: un aldilà digitale, ove poter passare il resto della propria vita-non-viva. Siamo nel 2033 -non troppo lontano dai nostri giorni- ove le tecnologie hanno fatto passi da gigante, tanto da permetterci di “caricare” la propria coscienza (mind upload) al momento della morte del proprio corpo in uno pseudo paradiso digitale. Precisiamo fin dal primo momento che, per realizzare tutto questo, bisogna pagare. Esattamente, si tratta di un’eternità a pagamento, ove un nuovo abbigliamento quanto un pasto diverso ha un costo-chiaro rimando ai tempi in cui viviamo, dove ogni singola cosa ha un prezzo-.

Il protagonista della serie, Nathan (Robbie Amell), programmatore informatico, andando incontro a morte prematura, causata da un presunto incidente stradale, viene caricato nella sua di versione del paradiso, definito Lake View. Qui ad accoglierlo ci sta Nora (Andy Allo), assistente umana, detta anche “angelo” – solo apparentemente, bizzarro nomignolo- incaricata a supportare i neo-arrivati nel paradiso simulato dopo il mind upload. Tra i due, quasi inevitabilmente, nasce qualcosa che sembra andare al di là del rapporto d’ufficio, anche se non si può ben definire che cosa sia (per un approfondimento di questi temi rimando al concetto di transumanesimo).

Nathan da vivo aveva una relazione con Ingrid, una bionda ricca e viziata, la quale adesso gestisce in toto la sua vita digitale; questo perché ella stessa finanzia il suo abbonamento. Dunque, per un verso Nathan deve mantenere questo rapporto con la fidanzata che neanche ama più per rimanere “vivo”; nonostante in qualche modo, forse, sia collegata alla sua stessa morte, sottostà ad ogni suo desiderio. Dall’altro verso, sempre il nostro protagonista, sta vivendo una sorte di amore platonico e impossibile con una ragazza viva, ossia Nora. Proprio quest’ultima, in una scena della serie, dice queste parole: “Stare con un Upload è un’illusione fin dall’inizio; alla fine è solo un’illusione di un’illusione. Ci vuole fortuna per l’Upload e io non ho fortuna.” (Upload, 2020)

Nathan & Nora, Upload (2020)

Serie tv come questa cercano di descrivere il nostro presente in termini, forse, un po’ negativi, con piattaforme che ci offrono, ad esempio, solamente un’illusione di eternità -scadente in alcuni casi-, o di fittizie avventure usa-e-getta. Certo, le implicazioni del mind upload sono tante quando si parla di morte e di vita oltre la morte; la morale, l’etica, la religione, la filosofia non possono essere escluse. Ma non dimentichiamo il nostro punto di partenza, cioè l’illusione e il viaggio in tale dimensione.

Imagination, Just An Illusion (1982)

“La facoltà d’illuderci che la realtà d’oggi sia la sola vera, se da un canto ci sostiene, dall’altro ci precipita in un vuoto senza fine, perché la realtà d’oggi è destinata a scoprire l’illusione domani. E la vita non conclude. Non può concludere. Se domani conclude, è finita” (Pirandello, 2014). Con queste parole Pirandello squarcia quel velo di Maya schopenauriano che nasconde la realtà, svelando l’illusione. Se accettassimo, dunque, che l’illusione è reale, tramuteremmo quest’ultima in realtà? Se illusione significa, per ogni singolo individuo, costruzione fittizia di porzioni di realtà, non possiamo allora credere che tutto sia illusione e nulla sia reale? La poesia, la filosofia, la scienza, il teatro, la musica, e oggi, anche il cinema hanno plasmato per come è possibile, e per come ancora sarà possibile, questo nostro limite.

W. Allen, Ombre e nebbia (1991)

Perché mai allora parlare di viaggio nell’illusione? Perché prendendo questo predicato – viaggiare – in senso figurato, possiamo capire come la vita in sé sia un viaggio nell’illusione. Dal nostro primo momento di vita non conosciamo, non capiamo, non distinguiamo. Solo crescendo arriva quell’illusoria certezza che tutto, il mondo come noi stessi, esiste. Lo stesso Allen sembra accostare il tema della realtà illusoria, a quello della magia, con somigliante ambiguità. Se consideriamo il mago come il mediatore tra il mondo umano -reale- e il mondo sovraumano -illusorio- possiamo capire che, in fondo, cerchiamo la “magia della stupefazione” in ogni nostro gesto. Ed è così che ci illudiamo che possa esserci una pseudo vita dopo la morte – come nel caso di Nathan nel suo paradiso digitale – oppure che tutta l’esistenza necessita della stessa illusione – come sostenne il mago Armstroff alla fine della pellicola.

La vita, le nostre esistenze, si trascinano senza un senso compiuto e -come per Schopenhauer- verrebbe da dire che quel che appare commedia buffa per l’uno (l’esistenza con i suoi assurdi inganni, ad esempio), diventa tragedia per l’intera umanità. Illusione o meno, io sento la vita che mi vuole vivere: sento e percepisco che la vita può anche essere un’illusione, ma non ci potrà mai essere illusione più grande dell’illusione stessa. Non ci dimentichiamo che l’illusione può essere il mezzo, ma il fine rimarrà sempre la vita e la sua voglia incommensurabile di essere vita.

W. Allen, Ombre e nebbia (1991)

Riferimenti bibliografici:

  • Abbagnano, Nicola, Fornero, Giovanni. 2009. La filosofia. Varese: Paravia.
  • Descartes, René. 1997. Discorso sul metodo. Roma-Bari: Laterza.
  • Pirandello, Luigi. 2014. Uno, nessuno e centomila. Torino: Einaudi.
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Partendo dal presupposto: "so di non sapere", imposto tutta la mia ricerca verso l'ignoto. Studente presso l'Università degli studi di Catania, iscritto al corso di filosofia, mi diletto anche scrivendo articoli per il mondo di internet e di Eticamente.

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