L’analisi qui condotta circa il Limite come Croce, luce, redenzione, separazione principia dall’Adversus haereses di Ireneo. In tal opera del 180 circa, Ireneo – vescovo di Lione e teologo “apostolico” – si scaglia contro tutti gli gnostici e gli eretici, ma, in particolar modo, contro i valentiniani.
Lo gnosticismo valentiniano si caratterizza come movimento intellettualistico, come corrente che, partendo dall’ambito religioso e mistico, diviene vera e propria speculazione filosofica. Secondo numerosi studiosi, i valentiniani – nella molteplicità delle loro visioni – hanno attinto principalmente dalla filosofia pitagorica e platonica per la strutturazione dei loro articolati e diversi sistemi.
All’interno dell’elitaria “setta” valentiniana, infatti, si possono distinguere vari gruppi con piccole differenze nell’esposizione del mito e nella liturgia. Nonostante tali piccole discrepanze, è possibile, però, ascrivere alla gnosi valentiniana quella complessa dottrina che – per la prima volta nella storia – ha arricchito la stessa neonata teologia cristiana, grazie alle sue profonde analisi cristologiche, staurologiche, soteriologiche. In generale, nel mito valentiniano si rintraccia un Pleroma divino diviso in Eoni (spesso trenta), in coppie maschio-femmina: il fine, ovviamente, è la ricostituzione dell’unità originaria. Sophia, l’ultimo eone, è colpevole della degradazione del divino, della “gettatezza” mondana.
J. Matter, Histoire critique du Gnosticisme (1826)
Alcuni dei Valentiniani rappresentano miticamente così la passione di Sophia e la conversione: essa, accintasi a impresa impossibile e incomprensibile, ha generato una sostanza amorfa, una natura quale poteva partorire in quanto femmina. Al contemplarla essa prima si addolorò per l’imperfezione di ciò che era nato, poi fu presa dal timore che anche lei avesse la stessa fine; infine fu presa da stupore e incertezza al ricercare la causa e in che modo potesse occultare l’accaduto. Caduta in preda alle passioni, ebbe una conversione e provò a risalire al Padre […] supplicò il Padre […] Di qui dicono che abbia tratto origine la sostanza della materia […]
Perciò il Padre, per mezzo dell’Unigenito, emette il già ricordato Limite a sua immagine, senza compagna di coppia, senza elemento femminile […] Il Limite chiamano anche Croce Redentore Emancipatore Limitatore Guida. Per mezzo del Limite Sophia è stata purificata e consolidata e ristabilita nella sizigia […] restò dentro il Pleroma; invece l’intenzione con la passione fu espulsa e crocifissa dal Limite (Simonetti, 1993, p. 291).
Dal testo si evince che Sophia si era apprestata a un’impresa impossibile, in quanto l’uscita dal luogo proprio, dalla funzione propria, implica la sconfitta, la decadenza. Ella, infatti, senza compagno di sizigia provò a ricreare come il Padre, a generare al pari dell’Abisso. Abisso – ossia il Pre-Principio affine all’En pitagorico – può concepire senza compagno (come informa Ippolito nella sua Confutazione, VI,30.7), poiché oltre il maschile e il femminile, al di sopra di ogni potenza e genere (diversamente dalla Notizia di Ireneo, il quale tratta dell’androginità del Dio di Tolomeo); Sophia, invece, essendo eone femminile emanato, pertanto inferiore, deve necessariamente creare con il compagno maschio Intelletto.
Tale visione deriva dalla teoria platonica dell’Androgino: in particolare, – a livello protologico e non ancora ontologico o metafisico – l’Uno di Platone intrattiene un rapporto di meditazione, di riflessione esterna, di moltiplicazione con la Diade. Dalla Diade si generano le idee numerico-matematiche, grazie anche all’azione del Limite imposto dall’Uno proprio su di essa, quale fonte illimitata. Il Limite, infatti, costituisce una fra le tante esplicazioni del potere abissale dell’Uno. A livello onto-logico e meta-fisico, l’Androgino originario, poiché inferiore all’Uno-Diade, è manifestazione della Uno-dualità proto-gonica; è essere unitario e duale, pronto a divenire, a scindersi, a creare altro da sé, nella dimenticanza, nella perdita provvisoria del suo iniziale potere; un potere che deriva dall’unione delle parti.
In sostanza, la dinamica della perdita si ripete, differentemente, a tutti i livelli: protologico, metafisico, ontologico; la conseguente ignoranza si verifica, quindi, con la Diade (la Barbelo gnostica) e con l’Androgino. La scissione, la creazione inferiore, la dimenticanza dell’Uno-Diade, l’ignoranza di sé comportano, dunque: da un lato, la frammentazione, la pluralità numerica e spaziotemporale, la perdita della potenza, la divisione di questa potenza nei vari (eoni nella Gnosi) enti e destini, il verificarsi della fatalità; dall’altro, la possibilità di mutamento, di ripensamento, di conversione, di risalita grazie alla Gnosi del Bene, grazie anche al compagno di coppia iniziale (sizigia nello gnosticismo), grazie alla forza dell’amore meta-fisico, che permette il ritorno alla condizione iniziale.
L’inferiorità, l’incapacità di Sophia dipendono dal fatto che Sophia è sostanza, e Intelletto costituisce la forma che Le è necessaria. Per questo motivo, Sophia, concepito l’errore (impossibilità di realizzazione nella solitudine, ignoranza del Padre, a-gnosia rispetto alla Gnosi “piena” del Pre-Padre e inconsapevolezza del proprio limite), cade in preda a tante passioni negative; genera un aborto, ossia il celebre demiurgo; si dispera per la “caduta”; decide di chiedere aiuto al Padre.
Il Padre, avendo pietà del suo prodotto emanato, decide di inviare il Limite – già citato – per “purificare” Sophia, dunque per allontanare l’intenzione, la parte abortita, la parte “erronea”, la parte priva di Gnosi totale, il Dio malvagio, per re-integrarla. Infatti, quanto al loro Limite, che chiamano anche con più nomi, affermano che ha due facoltà, una che consolida e una che divide. In quanto consolida e rafforza è Croce, in quanto divide e separa è Limite — (Simonetti, 1993, p. 299).
A. Sofronova, Il sole splende tra gli alberi della foresta (19/08/2020) – Unsplash
Il Limite, pertanto, può dividere, separare, fungere da setaccio, allontanando ed eliminando – nella dimensione inferiore – gli “impuri”, ossia gli ilici (soprattutto) e gli psichici che non si convertono (epistrophé) alla vita dello Spirito, alla Gnosis theou (come in Estratti da Teodoto, 42,1 e 64 ove si allude all’impossibilità di accesso e di partecipazione alla vita del Pleroma da parte degli ilici); può consolidare, rinsaldare – nella dimensione superiore – il Pleroma dall’aspirazione di Sophia e dalle ulteriori passioni/impurità (come in Estratti da Teodoto, 45 e 61).
Può anche unire i “fratelli in spirito”, ossia permettere – attraverso la Gnosi (il riconoscimento di Cristo, l’accoglimento di Cristo, la rammemorazione della propria natura, l’istruzione e la formazione per mano dello stesso Salvatore) – la costituzione della vera Chiesa (dell’assemblea spirituale), quindi la ri-creazione, momentaneamente terrena, delle luminose realtà eoniche, pleromatiche, in attesa della vittoria sulla morte (come in Estratti da Teodoto, 63-64 e 72-76), dell’apocatastasi, della re-integrazione.
In sostanza, il Limite-Croce possiede quattro funzioni, quindi quattro nomi: Emancipatore, in quanto, purgando dalle passioni, libera dai dominatori, perciò dal Tempo-Necessità; Redentore, in quanto redime dalla caduta, ristabilendo la condizione iniziale; Limitatore, in quanto tiene separati i “livelli” dell’emanazione – a partire da Bythos – attraverso il suo braccio orizzontale; Guida, in quanto Cristo Sotér (braccio verticale che unisce la dimensione terrena alla dimensione spirituale).
La Croce, pertanto, viene intesa nella sua quadruplicità similmente alla Croce del Timeo (cfr. Simonetti, 1993, p. 484).
Sophia non comprende, inizialmente, il suo limite; Limite che, una volta compreso, viene subito in suo soccorso, rimediando all’errore da Lei commesso. Oltretutto, in tale ottica, colpisce quanto il suo singolo operare porti all’elaborazione della materia nel Kenoma; in seguito, è proprio il compagno Cristo Sotér che, disceso in Terra, si attiva al fine della salvezza e del recupero dei semi dispersi, decaduti.
L’intera vicenda gnostica insegna, quindi, che la causa del male risiede nell’ignoranza del Limite. Limitato, appunto, è altresì il demiurgo: Ialdabaoth si macchia della stessa colpa di Sophia; si macchia di Hybris, di arroganza. Egli, infatti, si crede onnipotente e, per questo motivo, crea – insieme alla collaborazione dei suoi (derivati) arconti – il fato celeste, il mondo, la carne. Crea al pari di Aion Teleos; ma non può che creare, a causa della sua deficienza, un sottoprodotto.
Nel mondo velato, mortale, l’uomo genera – imitando il demiurgo e Sophia (questa volta con un compagno) – ma il “peccato” (non si tratta di peccato nel senso etico/cristiano del termine, piuttosto di un turbamento del/nell’/a partire dall’ordine pleromatico che provoca la caduta dello spirito) dell’uomo terreno è la generazione continua di altra materia, di altra carne, che sono elementi completamente oscuri, opposti, incompatibili con l’elemento spirituale; la colpa è, oltretutto, la dimenticanza della propria sostanza e origine pneumatica; la colpa ulteriore consiste nell’ignoranza circa il Dio-Pleroma; il peccato, infine, consiste nel continuo ‘desiderare’, mantenendo legami di ogni tipo con un mondo che è destinato – in ogni sua componente – a essere distrutto, perché contenitore di ogni male, di totale a-gnosia.
La soluzione finale consiste nella consumazione, nella conflagrazione, perché il Tempo, a un certo punto, trova la sua redenzione, ossia permette il recupero e l’istruzione di tutti i semi luminosi da parte del Salvatore.
Il tempo illimitato nel suo continuo fluire, divenire, si redime: il tempo dionisiaco trova il Limite all’Apeiron, che si staglia quale causa della creazione, quale causa del Male.
Riferimenti bibliografici
AA. Vv., (a cura di) Markschies, C. – Thomassen, E. 2019. Valentinianism: New Studies. Boston: Brill.
Reale, G. 2010. Per una nuova interpretazione di Platone alla luce delle “dottrine non scritte”. Milano: Bompiani.
Orbe, A. 1987. La teologia dei secoli I e II. Il confronto della Grande Chiesa con lo gnosticismo (I-II). Roma: Editrice Pontificia Università Gregoriana.
Sagnard, F.M. 1947. La gnose valentinienne et le témoignage de saint’Irénée. Paris: Libraire Philosophique J. Vrin.
Simonetti, M. 1993. Testi gnostici in lingua greca e latina. Milano: Valla-Mondadori.
Dottoressa in Scienze Filosofiche (Università di Catania - Disum - Monastero dei Benedettini) | Medaglia d'oro Premio Alda Merini (poesia) | Master Universitario in discipline Letterarie, storiche e geografiche (Unicamillus, Roma) | Interessi di ricerca: SpazioTempo metafisico-ontologico, psicologia di Jung, Leonardo, cristianesimo e gnosi, medicina alchemico-astrale paracelsiana | Digital creator | Scrittrice di romanzi fantasy, poesie, articoli e saggi.
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