Per Empedocle, gli elementi archetipici del Mondo erano quattro: Aria, Terra, Acqua, Fuoco. I Pitagorici riscontravano nella Tetrade somma perfezione, radice ideale e noumenica di tutti i numeri e di tutte le cose fisiche.
“È uno strano lusus naturae che il principale elemento chimico dell’organismo corporeo sia il carbone tetravalente” — continua nel corso della storia Jung — “una simile analogia sarebbe un deplorevole intellettualismo privo di gusto se il fenomeno del quattro fosse una mera invenzione della coscienza e non una spontanea produzione dell’obiettivamente psichico, dell’inconscio”.
Il fenomeno del quattro è tutt’ora questione aperta, è inizio ma non è fine, è rivoluzione in continua scoperta. Nei primi decenni del Novecento, il fisico Einstein superò il Positivismo che aveva fatto della teoria newtoniana dello spazio-tempo assoluto, un dogma. La teoria della relatività, infatti, incuriosiva e spaventava allo stesso tempo, aveva i caratteri di una curva geometrica che avrebbe inondato frivole certezze, e che inconsapevolmente si faceva fautrice del “fenomeno del quattro”. “La fisica moderna, per giungere a una visione comprensiva della totalità, ha dovuto introdurre come quarta dimensione il tempo, che a noi sembra qualcosa di assolutamente differente dalle tre note dimensioni dello spazio”, riporta la psicoterapeuta J. Jacobi.
Si ripresenta, in termini contemporanei, l’indispensabile completezza del numero Quattro. Da un pensiero tridimensionale ci stiamo spostando verso uno quadridimensionale. Ecco, allora, che “il fenomeno del quattro” ha un nome, e si chiama: TEMPO. Le inconfondibili curve di Dalì hanno riassunto in toto la tematica.
L’assieme illustra la ricerca di una dimensione temporale impossibile da cogliere con il ricorso alla percezione, eppure esistente nella continuità tridimensionale delle immagini: la “Scuola di Atene”, la spiritualità cristiana (la grotta che rimanda al sepolcro) e l’eternità del tempo (gli orologi).
Quante volte abbiamo ripetuto: “Non ho tempo”. Come se fossimo noi ad avere il controllo sull’infinito, sull’eternità. Il tempo non si possiede, il tempo si vive. È come salire su una giostra e non godersi il giro perché si pensa su quale altra andare, appena terminato il primo round. Nulla di nuovo, alcuni potrebbero obiettare. Eppure per gli scienziati del Novecento il tempo è stata una “novitas”, una rivelazione semplicemente perché trascende la nostra realtà, ma al contempo ne è motore primo.
La quarta dimensione è talmente sconfinata da sfuggire alla comprensione umana, da sfociare quasi nel nulla. Non tutti hanno la pazienza di ascoltare il tempo, il tempo si scopre. In inglese “scoprire” si traduce con “find out” letteralmente “trovare fuori, trovare al di là”. Il tempo si trova al di là del nostro limite, al di là dei nostri frenetici impegni, al di là di quelle inconsistenti relazioni umane schiave di uno schermo in cristalli liquidi.
Henri Bergson si concentrò parecchio sulla questione del tempo in chiave antipositivista. Egli distinse il tempo della scienza dal tempo della vita. Il primo oggettivo, quantitativo, spazializzato, “si può paragonare a una collana di perle, tutte uguali e distinte fra loro”. Il secondo, è il tempo naturalizzato, quello denso di significato, di qualità, in ultima analisi, quello vissuto. “Per il singolo individuo esso è sempre una durata: un intervallo temporale concreto e variabile, in cui si svolgono gli eventi della vita. Più che a una collana di perle, assomiglia al filo di un gomitolo aggrovigliato”.
Non abbiamo il controllo sul tempo, il tempo cambia e cambiamo pure noi. Ma abbiamo il tempo di gestire il nostro tempo, abbiamo il tempo di rendere vitale ogni nostro singolo attimo, basta scoprirlo e conoscerlo, basta avere contezza dell’importanza del fenomeno del quattro.
Sera parsimonia in fundo est. (È tardi risparmiare, quando si è giunti al fondo) – Seneca.
Riferimenti bibliografici
- J. Jacobi, La psicologia di C. G. Jung; trad. Arrigo Vita e Ada Cinato, Torino: Bollati Borighieri, 1973
- Nicola Ubaldo, Filosofia. Storia delle idee dalle origini a oggi, 2016
- Seneca, Epistula ad Lucilium I
Classe '99.
Ho conseguito la maturità classica nel 2018, ad Agrigento.
Dottoressa in Scienze Filosofiche presso l'Università di Catania; collaboro per Etica-mente.
Mi astengo dal giudizio, ma non dalla ricerca del sapere.